Cadere a terra, non elegantemente come le stelle a San Lorenzo.
No, spiattellarsi a terra. E già di per sè è un fastidio. Qualsiasi cosa cade arreca fastidio più o meno intenso.
In cucina la fettina con la marmellata matematicamente con la faccia rivolta verso il basso, in strada il cellulare, dall’alto scientificamente dalla parte dello schermo, magari dentro una pozza d’acqua durante un improvviso tsunami.
Innumerevoli esempi potremmo fare. Anche decisamente più fastidiosi.
Poi cadono le foglie e i fogli e cadono anche le cose più semplici: le classificherei come quelle che servono meno.
A casa mia di quelle ne cadono tante .. o meglio cadono e nessuno le considera, quindi diventano tante a occhio nudo.
Il calzino pulito in corridoio caduto durante la frettolosa sistemazione del bucato, la forcina o l’elastico dell’apparecchio in bagno in un punto in cui tutti passano e nessuno la raccoglie.
Credo che il neurone di ciascuno di noi venga folgorato necessariamente da un “non è mio” o da un ” lo vedo e me ne frego” ma anche da un “lo raccoglie qualcun altro”. Intanto il calzino giace imperterrito da due giorni e non posso credere che vi sia anche solo un neurone che dica “non lo ho visto”.
E lo raccolgo, nella notte di San Lorenzo..