Quando la ranocchia Racchia passa per la cruna dell’ago

Quando la ranocchia Racchia passa per la cruna dell’ago

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Parafrasi della creazione della Rana cardata Racchia

So che l’Ale saprà comprendere senza arrabbiarsi questo ironico racconto sulla ranocchia Racchia. Ma è davvero troppo simpatica e carina per non raccontare una storia, la fantomatica storia della sua creazione se l’avesse fatta La Mario con le sue manine, manine si fa per dire.

È complessa da spiegare ma ci provo. La  mia ranocchia altro non è che il risultato della restituzione fisica di un esperimento a cavallo tra il materico e l’esoterico.
Parto con l’avanzo di un giornale appallottolato bene bene, ancor meglio se trattasi di stralcio di un articolo giornalistico mal digerito o di un foglio stampato di un F24 pagato o da pagare.

Vuoi mettere la goduria nel farlo diventare una pallottolina?

Gli aggiungo poi due piccole tette o palle o palline verosimilmente a forma testicolare e comincio a lavorarci intorno con lana cardata e punzecchio e punzecchio con l’aghetto storto.
Proseguo  alla ricerca delle zampette.
Dopo le prime peripezie tra cottonfioc e filamenti di rame, tra spazzadenti e cannucce, ecco che appare all’orizzonte un rimasuglio di scovolino per pipe a rimembrare i bei tempi del calumet della pace o del narghilè della fame chimica.
Prendono forma quattro zampette che rimpolpo con lana cardata e infeltrisco per inciccirle e disperatamente cerco di fissarle alla precedente palla con tette cardata.
Un’impresa titanica. Ancora non ho capito come magicamente gambe dal calibro di un boa con sezione aurea di un elefante possano essere passate per la cruna di un ago.
Ma con un ago stile voodoo passatomi dall’Ale ottengo un fusto informe dalle animalesche sembianze prossime a quelle di un rospo. A testimoniare la specie gli occhi giganti che definitivamente qualificano la siddetta creazione in una ranocchia, al limite del feticcio da porre sotto il materasso dell’odiata suocera.

Non si poteva chiamare che Racchia. Vi evitiamo lo strazio della creazione di Racchio, omonimo di sesso dubbio.


In ogni modo consiglio di seguire le indicazioni dell’Ale, certamente più corrette.

Tavernello-Pechino e ritorno

Tavernello-Pechino e ritorno

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Corre in pigiama per le strade di Pechino l’ultimo neurone.

Ma che ci fa lì? Eh niente, per capire occorre fare un passo indietro, di qualche ora.
Lemme lemme alle 7 e 19 di questa mattina l’ultimo neurone è sceso dal letto con tutte le buone intenzioni di essere educato oggi, rispettoso e attento. Silente soprattutto.
Ma proprio non ce l’ha fatta. Si è sentito in dovere di esprimere il proprio dissenso in una discussione accesa tra neuroni parassiti, neuroni appassiti e neuroni depressi.
Non entriamo nel dettaglio delle argomentazioni sostenute, sono irrilevanti al fine di comprenderne il senso. Sta di fatto che, verso sera, quando il neurone Gigio, grigio e bigio, si sta accingendo a pigiamizzare, giunge d’improvviso una chiamata cerebrale. In un lampo viene investito da un’ondata di neuroni imbizzarriti che per far valere le ragioni adotta sistemi ormai in disuso, ma qualche volta ancora socialmente utili, e con un calcio nel deretano immaginario spedisce Gigio in alto e lontano lontano, fino alla cinquantaduesima torre della Grande Muraglia.
E si sa, da lì a Pechino il passo è breve, si fa per dire.

Parlami o Neurone del Peloso Gatto

Parlami o Neurone del Peloso Gatto

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Ho provato.
Un berretto per farlo stare al caldo.
Qualche goccia di fiori di Bach per farlo sentire a suo agio.
Ho provato anche a mettergli gli occhiali.
Ma niente. 

L’ultimo neurone ha deciso di non parlarmi questa sera.
Magari più tardi.
Accontentiamoci del gattocozza.

#Cantamiodivadelpelideachille

In fondo al tunnel

In fondo al tunnel

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Se ci vai è perché credi che possa essere la via di uscita. Nella convinzione che lasciare trasparire le sensazioni possa apparirti meno pesante da tollerare.
Trasparire perché devi traspirare. Devi depurare il fisico da veleni che rischiano di contaminare la tua indole di essere forte, determinato, sempre. La tua propensione ad essere concreto. Attòrniati di questo. Di concretezza, di fisicità così come sono o come diventeranno.
Tu sei più forte. Quel che ti accade sta semplicemente dolendo il tuo corpo.
Non certo il tuo spirito.
Di sentirti forte hai bisogno, di renderti conto che sei più forte tu. Perchè lo sei. Nient’altro.
E tutto passa.


Perché ad una certa ora impazzisce il neurone? Peggio della maionese!
#ultimoneuroneinfondoaltunnel

Vorrei un giorno a rovescio

Vorrei un giorno a rovescio

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Vorrei un giorno a rovescio. Che cominci la sera. Che la notte fosse primo pomeriggio per i fornai, che il pane appena sfornato vedesse il tramonto e non solo l’alba.
Vorrei un giorno dove si cena la mattina e si fa colazione alla sera.
Vorrei un giorno in cui le persone timide dimesse e soggiogate potessero dimostrare quanto valgono più delle persone che oggi sembrano contare o apparire. Persone che imperano comandano gestiscono e soggiogano.
Vorrei un giorno in cui l’ignoranza, l’ncompetenza, la non conoscenza, l’arroganza non avessero la meglio sulle opinioni sui gesti e sulle azioni.
Vorrei un giorno in un mondo dove a dirigere l’orchestra del nostro futuro ci fosse un sistema sano, un’ideologia pulita, decisa e lontana dai piu scafati, i più sfrontatamente dialettici, i più presuntuosi.
Che sia storia quella che viviamo e non presunzione di non vivere o rivivere il già vissuto o il fu passato o sognare di vivere quello che ancora non è nelle corde del nostro imminente futuro.
Vorrei un giorno a rovescio che duri quel tanto che basta a farci capire che qualcosa va cambiato.
Il capo della matassa, poi si trova.