La fluorite

La fluorite

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CaF2

Premettendo che non sono né un chimico né un gemmologo scelgo come prima pietra di cui parlare la fluorite. La scelgo perché i suoi colori e le sue trasparenze mi affascinano, del resto affascina l’uomo già dai tempi degli antichi egizi che già la utilizzavano per la costruzione di statuette sacre.

La fluorite si presenta come un minerale cristallino dalle svariate sfumature che vanno dal verde al blu, viola, giallo, nero… un arcobaleno, insomma.

Questo minerale appartiene alla classe degli alogenuri, composti formati dall’unione degli alogeni con i metalli. Il fenomeno della fluorescenza prende il nome proprio da questa meravigliosa pietra. In natura si trova in cristalli cubici e ottaedrici anche di grandi dimensioni. La pietra non è particolarmente preziosa ed è diffusa in tutto il mondo. Viene utilizzata per svariati motivi, come materia prima per il vetro, come fondente per la produzione di metalli ad esempio l’alluminio, come materia prima per ottenere l’acido fluoridrico (da cui deriva il fluoro) e non ultimo, data la sua bellezza, per la costruzione di gioielli e oggetti ornamentali. Viene usata naturalmente anche nella cristalloterapia e  nel chakra (terzo occhio o 6° chakra per chi se ne intende), ma qui già mi ero espressa sulle mie perplessità e qualora foste curiosi di questi argomenti vi posso consigliare ottimi siti, ma non questo.

Simbolicamente è la pietra legata all’intuizione e alla concentrazione, la pietra preferita dai neuroni, insomma.

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Bagoli on the road, atto secondo

Bagoli on the road, atto secondo

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Sabato.
Ne ho incontrati tanti di bagoli oggi sul mio cammino. Giganteschi, dalla forma affusolata, striscianti in abito chiaro appena usciti, scuri in volto, accigliati, grassi e tondi e altri ancora, sino ai neonati informi appena percettibili.
Ma cos’è il bagolo?  Ve ne ho già parlato: è quel simpatico essere animato che vediamo ogni giorno svolazzarci davanti, lo vediamo nascondersi in un angolino, un esserino informe che Sua Maestà la Polvere produce in quantità industriali, almeno a casa mia.
Non so voi ma personalmente, non essendo particolarmente affetta da fobia del pelo di tappeto spettinato, ma ogni tanto colpita dalla sindrome della casalinga isterica, ricado ciclicamente a doverne fare incetta per evitare di soffocarci dentro.
Oggi è giornata dedicata.
Ecco allora che ho aspirato miriadi di bagoli, bagoloni e bagolini, spiaccicato col mocio altrettanto loro simili …
Spero solo di non venire denunciata alla associazione nazionale per la salvaguardia del bagolo. Sia mai che diventi a rischio di estinzione.

 

da La Saga del Bagolo

Ma dove sei?

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bagolo

Ti accompagno in camera, pulisco domani

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Polvere

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bagolo a zonzo

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Bagolo

Lo chiamerò Bagolo, atto primo

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Ci sono anch’io

Ciao fatine ed elfetti, finalmente ci sono anch’io!

Quelle streghe hanno tentato di buttarmi fuori dal lab… erm casa perchè ero troppo piccola ma io mi sono vendicata e ho fatto un blog anche per me! Evviva!

Io sono Lucina la fatina, ho mille interessi tra cui: la fotografia, i libri e il fai da te.

La mia compagna è Lalla la farfalla e lei mi aiuta ad avere molte idee per i miei lavoretti.

IMPORTANTE: Se avete più di 30 anni non siete delle fatine o degli elfetti!

Quando la ranocchia Racchia passa per la cruna dell’ago

Quando la ranocchia Racchia passa per la cruna dell’ago

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Parafrasi della creazione della Rana cardata Racchia

So che l’Ale saprà comprendere senza arrabbiarsi questo ironico racconto sulla ranocchia Racchia. Ma è davvero troppo simpatica e carina per non raccontare una storia, la fantomatica storia della sua creazione se l’avesse fatta La Mario con le sue manine, manine si fa per dire.

È complessa da spiegare ma ci provo. La  mia ranocchia altro non è che il risultato della restituzione fisica di un esperimento a cavallo tra il materico e l’esoterico.
Parto con l’avanzo di un giornale appallottolato bene bene, ancor meglio se trattasi di stralcio di un articolo giornalistico mal digerito o di un foglio stampato di un F24 pagato o da pagare.

Vuoi mettere la goduria nel farlo diventare una pallottolina?

Gli aggiungo poi due piccole tette o palle o palline verosimilmente a forma testicolare e comincio a lavorarci intorno con lana cardata e punzecchio e punzecchio con l’aghetto storto.
Proseguo  alla ricerca delle zampette.
Dopo le prime peripezie tra cottonfioc e filamenti di rame, tra spazzadenti e cannucce, ecco che appare all’orizzonte un rimasuglio di scovolino per pipe a rimembrare i bei tempi del calumet della pace o del narghilè della fame chimica.
Prendono forma quattro zampette che rimpolpo con lana cardata e infeltrisco per inciccirle e disperatamente cerco di fissarle alla precedente palla con tette cardata.
Un’impresa titanica. Ancora non ho capito come magicamente gambe dal calibro di un boa con sezione aurea di un elefante possano essere passate per la cruna di un ago.
Ma con un ago stile voodoo passatomi dall’Ale ottengo un fusto informe dalle animalesche sembianze prossime a quelle di un rospo. A testimoniare la specie gli occhi giganti che definitivamente qualificano la siddetta creazione in una ranocchia, al limite del feticcio da porre sotto il materasso dell’odiata suocera.

Non si poteva chiamare che Racchia. Vi evitiamo lo strazio della creazione di Racchio, omonimo di sesso dubbio.


In ogni modo consiglio di seguire le indicazioni dell’Ale, certamente più corrette.

Racchia si nasce

Racchia si nasce

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Realizziamo la ranocchia Racchia in lana cardata

Occorrente:

  • 4 scovolini per pipa (saranno la struttura delle gambe)
  • Lana cardata per l’imbottitura (va bene qualsiasi colore)
  • Lana cardata verde per la copertura
  • Lana cardata gialla per gli occhi (eventualmente anche per la corona)
  • Lana cardata nera per la bocca e le pupille
  • Lana cardata color lavanda per il fiorellino

 

tutorial di racchia la ranocchia fase 1

Realizziamo una grossa palla per il corpo e due palline più piccole per gli occhi che saranno sporgenti con la lana da imbottitura. Ricopriamo gli scovolini con il verde e infiliamoli nella palla grossa dove decidiamo di posizionare le zampe, possiamo incollarli oppure inserirli con l’ago da feltro. Io, in genere, faccio un piccolo taglio nel corpo e posiziono le 4 gambe, chiudendo poi il buco con l’ago a punta fine. Avvolgiamo gli scovolini con la lana in modo attillato, sarà più semplice e rapito poi infeltrire il tutto.

Posizioniamo anche gli occhi punzecchiandoli per attaccarli al corpo. Il risultato deve essere come l’immagine qui a lato.

 

 

tutorial di racchia la ranocchia fase 2

Ricopriamo l’intera struttura con della lana verde, avvolgendo e punzecchiando per fissare. Diamo una forma più “cicciotta” alle cosce in modo da non avere l’effetto stecchino.

 

 

 

 

tutorial di racchia la ranocchia fase 3

Una volta terminata la copertura con in verde, e una volta che abbiamo una forma generale che ci soddisfa dobbiamo pensare ai dettagli. Creiamo 2 cerchi con il giallo sui due tondi degli occhi, poi con la lana nera con cui dobbiamo creare un cordoncino infeltrendolo leggermente tra le mani, creiamo le pupille e la bocca.

 

 

 

 

Alla fine dedichiamoci agli abbellimenti, sarà Ranocchio o Rana? Una corona o un fiore? Qui ognuno di voi può scegliere come meglio crede. Io le ho messo un bel fiore dietro agli occhi realizzato con della lana rosa e un tagliabiscotti a forma di fiorellino che ho utilizzato come “stampo”.

Ed ecco terminata in tutto il suo splendore Racchia la ranocchia: è inutile baciarla, più bella di così non può diventare!!!

tutorial di racchia la ranocchia : rana terminata

 

Tavernello-Pechino e ritorno

Tavernello-Pechino e ritorno

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Corre in pigiama per le strade di Pechino l’ultimo neurone.

Ma che ci fa lì? Eh niente, per capire occorre fare un passo indietro, di qualche ora.
Lemme lemme alle 7 e 19 di questa mattina l’ultimo neurone è sceso dal letto con tutte le buone intenzioni di essere educato oggi, rispettoso e attento. Silente soprattutto.
Ma proprio non ce l’ha fatta. Si è sentito in dovere di esprimere il proprio dissenso in una discussione accesa tra neuroni parassiti, neuroni appassiti e neuroni depressi.
Non entriamo nel dettaglio delle argomentazioni sostenute, sono irrilevanti al fine di comprenderne il senso. Sta di fatto che, verso sera, quando il neurone Gigio, grigio e bigio, si sta accingendo a pigiamizzare, giunge d’improvviso una chiamata cerebrale. In un lampo viene investito da un’ondata di neuroni imbizzarriti che per far valere le ragioni adotta sistemi ormai in disuso, ma qualche volta ancora socialmente utili, e con un calcio nel deretano immaginario spedisce Gigio in alto e lontano lontano, fino alla cinquantaduesima torre della Grande Muraglia.
E si sa, da lì a Pechino il passo è breve, si fa per dire.

Abbiamo le mani pulite

Abbiamo le mani pulite

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Abbiamo le mani pulite. Pulite e profumate. E pure lisce. Non potrebbe essere altrimenti, visto che ultimamente ho preparato 12 saponette ricoperte di lana.

L’occorrente per preparare queste meraviglie è:

  • Saponetta, meglio se artigianale e profumata
  • Lana in tops
  • Facoltativo: fibre di lana, canapa o altro
  • un pezzetto di retina tipo tulle sintetico al 100%

Il procedimento è molto semplice: si prende uno strato sottilissimo di tops di lana e si avvolge la saponetta in modo compatto, con un altro strato si avvolge nuovamente in una direzione diversa, incrociando e direzioni delle fibre. Continuare finché non si è ricoperta tutta la saponetta. Attenzione a non lasciare pezzi di saponetta a vista, altrimenti il lavoro non viene bene. Al termine si può decorare con fibre naturali differenti come la seta, il lino, la canapa o quel che più vi piace. Quando siete soddisfatti del risultato avvolgete in modo attillato la retina intorno alla saponetta e poi via nell’acqua prima fredda e poi bollente in modo alternato strofinando sempre energicamente. Dopo qualche minuto, quando notate che la lana diventa più compatta, togliete la retina e continuate ad alternare acqua fredda e calda finché la lana non si è completamente infeltrita.

Lasciate asciugare.

Queste saponette sono da utilizzare così, con il loro caldo involucro. Possono profumare un cassetto, ma io le trovo utilissime per la pulizia personale e degli oggetti: grattando un po’ sono degli ottimi esfolianti per le mani e per il corpo. Io, personalmente, non le userei per il viso, trovo che la lana sia un materiale troppo aggressivo. Ma poi ognuno di noi può farne l’uso che preferisce. Perché porre limiti alla fantasia?

Parlami o Neurone del Peloso Gatto

Parlami o Neurone del Peloso Gatto

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Ho provato.
Un berretto per farlo stare al caldo.
Qualche goccia di fiori di Bach per farlo sentire a suo agio.
Ho provato anche a mettergli gli occhiali.
Ma niente. 

L’ultimo neurone ha deciso di non parlarmi questa sera.
Magari più tardi.
Accontentiamoci del gattocozza.

#Cantamiodivadelpelideachille

In fondo al tunnel

In fondo al tunnel

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Se ci vai è perché credi che possa essere la via di uscita. Nella convinzione che lasciare trasparire le sensazioni possa apparirti meno pesante da tollerare.
Trasparire perché devi traspirare. Devi depurare il fisico da veleni che rischiano di contaminare la tua indole di essere forte, determinato, sempre. La tua propensione ad essere concreto. Attòrniati di questo. Di concretezza, di fisicità così come sono o come diventeranno.
Tu sei più forte. Quel che ti accade sta semplicemente dolendo il tuo corpo.
Non certo il tuo spirito.
Di sentirti forte hai bisogno, di renderti conto che sei più forte tu. Perchè lo sei. Nient’altro.
E tutto passa.


Perché ad una certa ora impazzisce il neurone? Peggio della maionese!
#ultimoneuroneinfondoaltunnel

Eccetera eccetera

Eccetera eccetera

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ovvero puntini puntini puntini

Come già si è capito i sassi mi piacciono molto, però grigi mi mettono un po’ tristezza. Come fare allora? Coloriamoli! Premetto che dipingere non è il mio forte, il massimo a cui arrivo sono gli omini stilizzati e già con quelli ho delle serie difficoltà. Ma visto che sono una pasticcia una soluzione la dovevo pur trovare. Alla mia maniera. E allora puntini e puntini a più non posso, come dei mandala. Vi lascio immaginare che i primi tentativi erano inguardabili, ma alla fine lo scopo era di puro rilassamento, quindi ero interessata al viaggio più della meta.

Piano piano sto acquistando più fiducia (e più attrezzi) e i risultati stanno migliorando, si arricchiscono di varianti, forme e sfumature. Direi che sono molto soddisfatta del mio percorso e anche gli acrilici comprati tanti anni fa e chiusi in un cassetto senza scopo ora hanno una ragione di esistere. E poi i puntini sono contagiosi, come ci insegna la varicella, quindi anche il resto della famiglia ha iniziato a dipingere (parolone) i sassi. Naturalmente per me i loro sono molto più belli dei miei, il cuore di mamma è sempre grande.

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